Psicoterapia cognitivo-comportamentale: cos’è e quando può essere utile

La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è un approccio psicoterapico utilizzato per trattare un’ampia gamma di disturbi psicopatologici. Sviluppata originariamente negli anni Sessanta, ha visto nel tempo l’evolversi di una moltitudine di tecniche e contaminazione da approcci differenti che hanno portato questo tipo di terapia ad essere considerata una tra le più efficaci e strutturate presenti ad oggi.

Breve storia ed evoluzione della terapia

I primi terapeuti del comportamento si focalizzarono sulla riduzione dei comportamenti problematici manifesti utilizzando tecniche e procedure terapeutiche rigorosamente validate e fondate sui principi dell’apprendimento. In sostanza, buona, se non tutta la terapia, era incentrata sul modificare alcuni comportamenti problematici che sembravano essere la causa dei disagi psicologici dei pazienti. Modificando il comportamento disfunzionale in comportamento funzionale, si sarebbe così ottenuto un effetto benefico anche a livello cognitivo. Negli anni ‘60, inizia la seconda fase, con l’avvento del cognitivismo, ad opera di A.T. Beck negli Stati Uniti. Nella terapia cognitiva standard, i pensieri non solo diventano d’importanza centrale all’interno dell’indagine psicologica, ma anche accessibili dal punto di vista empirico. È dall’integrazione tra le prime due generazioni che nasce il concetto di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale.

Per ragioni filosofiche e storiche, tale approccio era più centrato sulla natura e sull’evoluzione dei pensieri e sul loro impatto sull’individuo, piuttosto che sull’ambiente e i fattori contestuali e relazionali con cui l’individuo si andava a scontrare.

La terza fase, denominata “terza onda” di terapia comportamentale e cognitiva è particolarmente sensibile al contesto e alle funzioni dei fenomeni psicologici e non solo alla loro forma dei pensieri. Tende, perciò, ad enfatizzare strategie di cambiamento contestuali ed esperienziali in aggiunta a quelle più direttive adottate dalla terapia cognitiva standard.

In cosa consiste la TCC?

Attualmente la Psicoterapia Cognitiva – Comportamentale risulta essere la terapia d’elezione di tanti disturbi mentali: disturbi dell’umore, disturbi d’ansia – fobie, ossessioni, compulsioni, disturbi del comportamento alimentare, disturbi di personalità o d’abuso di sostanze, schizofrenia, oltre a quelli nell’età evolutiva o nell’anziano. Utilizza molti strumenti di derivazione comportamentale, cognitiva e relazionale, e si struttura in incontri individuali, di famiglia o gruppo, nonché in situazioni d’intervento istituzionale.

La Terapia Cognitiva (TC) implica una relazione complessa tra emozioni, pensieri e azioni (o comportamenti). Si basa sull’assunto che i pensieri alimentano le reazioni emotive e i comportamenti. Non è la situazione in sé a determinare direttamente ciò che le persone provano o come si comportano, ma è piuttosto l’attribuzione di significato che le persone danno all’evento sulla base delle convinzioni di base su di sé, sugli altri e sul mondo. Il modo in cui il soggetto pensa, determina le sue emozioni sia normali che patologiche, quindi se pensa in un modo disfunzionale questo suo modo di pensare causerà un disturbo psicologico.

Per intervenire sulle emozioni disturbanti (paura, tristezza, rabbia, vergogna senso di colpa ecc.) il terapeuta deve aiutare la persona a individuare quei processi di pensiero disfunzionali, con l’obiettivo di sostituirli, correggerli e/o integrarli con pensieri e convinzioni più funzionali.

Attualmente esiste un approccio generale cognitivo-comportamentale che combina la terapia cognitiva (cambiamento del modo di pensare) con la terapia comportamentale (cambiamento del comportamento). La TCC si fonda sui risultati della ricerca di base, e valuta la sua efficacia mediante ricerche sperimentali.

Quali sono le sue caratteristiche?

La TCC si caratterizza per alcuni aspetti:

È una terapia evidence-based, ovvero scientificamente fondata: ciò significa che, a differenza di altre terapie, questo approccio consente l’implementazione della ricerca sui soggetti, attraverso un ampio uso di questionari ed interviste e metodologie di ricerca costruite ad hoc sui pazienti e sul tipo di ricerca scientifica da svolgere. Come per la ricerca sui tumori o sulle malattie organiche, questo tipo di terapia consente quindi di far sì che le conoscenze sui disturbi psicologici possano evolvere nel tempo e diventare strumenti di cura sempre più accurati ed efficaci per chi soffre. A sostegno di ciò, la TCC prevede, in una prima fase di colloqui col paziente, l’utilizzo di un’ampia gamma di test e strumenti per ottenere una diagnosi e quadro clinico più completo e accurato possibile, sempre nell’ottica di comprendere al meglio il paziente e il suo modo di funzionare per poter intervenire bene sul suo malessere.

È orientata allo scopo: il terapeuta cognitivo-comportamentale lavora insieme al paziente per stabilire gli obiettivi della terapia, formulando una diagnosi e concordando con il paziente stesso un piano di trattamento che si adatti alle sue esigenze, durante i primissimi incontri. Terapeuta e paziente verificano poi periodicamente i progressi, in modo da controllare se gli obiettivi definiti sono stati raggiunti.

È una terapia concreta: lo scopo della terapia si basa sulla risoluzione dei problemi psicologici concreti e l’attenzione del terapeuta è rivolta soprattutto al qui e ora. Alcune tipiche finalità includono la riduzione dei sintomi depressivi, l’eliminazione degli attacchi di panico e dell’eventuale concomitante agorafobia, la riduzione o l’eliminazione dei rituali compulsivi o dei comportamenti alimentari patologici, la promozione delle relazioni con gli altri, la diminuzione dell’isolamento sociale, e cosi via.

Si basa sulla collaborazione: paziente e terapeuta lavorano insieme, come una squadra, per capire e sviluppare strategie che possano indirizzare il soggetto alla risoluzione dei propri problemi. Per questo motivo è richiesto al paziente di essere attivo nel trovare spiegazione e risoluzione ai propri problemi, accompagnato dal terapeuta, durante l’arco dell’intera terapia. l’obiettivo è di far diventare il paziente stesso competente sul suo disturbo e sul suo modo di funzionare, in modo da poter gestire in autonomia la propria sofferenza fino a poterla risolvere. Ciò non significa che il paziente venga abbandonato a se stesso nella risoluzione dei suoi problemi, ma anzi, attraverso il continuo dialogo tra le due parti, può fin da subito trarre beneficio dalle consapevolezze emergenti durante le sedute e tra una seduta e l’altra. A questo scopo, viene anche richiesto di eseguire degli “homeworks”, ovvero degli esercizi a casa costruiti ad hoc sul paziente, in modo da portare il processo di apprendimento e di cambiamento anche fuori dalla seduta.

È a breve termine: essendo una terapia incentrata sulla risoluzione dei problemi attuali, la sua durata è relativamente breve. Di solito si stima dai quattro ai dodici mesi, a seconda del caso, con cadenza il più delle volte settimanale. Problemi psicologici più gravi, che richiedano un periodo di cura più prolungato, traggono comunque vantaggio dall’uso integrato della terapia cognitiva, degli psicofarmaci e di altre forme di trattamento.

 

Fonti bibliografiche: articoli inerenti la terapia cognitivo-comportamentale
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