Alimentazione e ciclo di vita: quali significati assume il cibo?

Nutrirsi racchiude una serie di fattori che vanno ben oltre il soddisfacimento di un mero bisogno fisiologico. Il nostro rapporto con il cibo cambia nel corso del ciclo di vita, sia per ciò che riguarda l’apporto e il tipo di nutrienti necessari alla crescita e al mantenimento della propria salute, sia relativamente alla sfera emotiva e ai significati che investono il cibo nella sua componente più simbolica e relazionale.

Ma come cambia, in termini psicologici, questo nostro rapporto con l’alimentazione nel corso degli anni?

Età prescolare: il cibo come forma di gioco e scoperta di sé

Nei primi anni di vita il bambino mette in gioco se stesso in relazione al mondo che lo circonda. E’ la fase della sperimentazione e della scoperta di sé. Dopo circa un anno di vita, entra in contatto con cibi diversificati e ne riconosce e apprezza il sapore, oltre ad esplicitare le sue preferenze su alcuni gusti piuttosto che altri. In questa fase è importante incuriosirlo proponendogli ricette originali e alimenti che non apprezza sotto vesti diverse, riconoscere quando è sazio senza forzarlo nel mangiare e stimolare il suo appetito attraverso il gioco. A questo proposito, quante volte abbiamo sentito dire che non bisogna giocare con il cibo?

In realtà, la componente ludica del mangiare stimola la creatività nella relazione genitore-figlio, permette al bambino di sperimentarsi e costruire nuove realtà per lui educative, di creare un legame empatico e di alleanza con il genitore, consolidando quella che Marcel Proust chiamerebbe “memoria involontaria”. Essa è la restituzione, nella vita adulta, di un ricordo legato alla componente emotiva e soggettiva della persona, sollecitato su base sensoriale (esempio che l’autore riporta nella sua opera “Alla ricerca del tempo perduto”, rievocando il piacevole ricordo di momenti passati inzuppando una madeleine nel suo té).

Età scolare: il modellamento familiare e l’educazione alimentare

Questi sono gli anni di consolidamento delle proprie abitudini alimentari, avendo imparato a discernere tra i vari sapori e consistenze, oltre che ad iniziare a riconoscere e nominare i diversi alimenti. In questa fase, la famiglia e la scuola giocano un ruolo fondamentale nel consolidamento di queste abitudini, facendo da modelli emulativi per il bambino. Nel modellamento, il cibo viene talvolta utilizzato come ricompensa educativa (“se fai il bravo ti compro le caramelle!”). Attenzione però a non trasformare questo rinforzo in abitudine, con il rischio di generare nel bambino un sistema di dipendenza e un rapporto critico con il cibo. L’insegnamento e l’informazione su ciò che è sano o meno da parte dell’adulto, porterà alla formazione di una coscienza e consapevolezza alimentare, che seppur prematura in questa fase, sarà alla base delle scelte alimentari e dello stile di vita del piccolo in età adulta.

Adolescenza: il cibo come forma di affermazione e scoperta identitaria

L’adolescenza è il periodo dei grandi cambiamenti, non solo fisici ma anche emotivi e psicologici. In questa fase delicata quanto cruciale, i ragazzi sperimentano i primi approcci verso l’indipendenza, cimentandosi per la prima volta nella costruzione della propria identità, attraverso meccanismi di confronto e omologazione con il gruppo dei pari, distaccandosi dalla figura dell’adulto-genitore e per questo entrando spesso in conflitto con esso. Dal punto di vista alimentare, il cibo può essere quindi interpretato come strumento di autoaffermazione, di controllo di sé e del proprio corpo (“scelgo io quando e cosa mangiare”), strumento di interazione con gli altri (uscire a cena o fare merenda con gli amici) o viceversa di chiusura verso il mondo, di allontanamento dal gruppo, come forma di autoconsolazione e autocommiserazione.

L’adolescenza è anche il periodo più delicato nella costruzione del rapporto con il cibo, con il rischio di sviluppare disturbi o comportamenti alimentari disfunzionali. In quanto adulti, è bene porsi in maniera comprensiva e non giudicante, senza criticare ad esempio errori commessi nel gestire una dieta, il peso o la forma del corpo, ma dando consigli e sostegno per superare le insicurezze verso se stessi e le proprie scelte alimentari, stimolando l’adolescente anche sul piano dell’attività motoria.

Età adulta: il mantenimento di uno stile di vita sano e la consapevolezza del rapporto con il cibo

Nell’età adulta lo sviluppo fisico si mantiene stabile e di conseguenza l’approccio all’alimentazione diventa di mantenimento di uno stile di vita sano e prevenzione da eventuali patologie. Il cibo può assumere svariati significati, a seconda anche del tipo di personalità che la persona ha sviluppato. In questa fase l’obiettivo è stare bene con se stessi, ritrovarsi nel cibo che si sceglie di mangiare e rendere consapevoli alcuni meccanismi alimentari nel caso risultassero disfunzionali (ad esempio, la correlazione tra stress lavorativo e fame emotiva). E’ un momento di riflessione e di cura verso se stessi, cercando di capire le proprie necessità alimentari, rivalutando anche la percezione, talvolta distorta, che si ha del cibo stesso (ad esempio, il cibo come nemico, l’accanimento controproducente su una dieta per paura di ingrassare).

Terza età: il cibo per rafforzare le relazioni e favorire momenti di aggregazione

In terza età le necessità nutritive si riducono, così come anche le energie e la possibilità di fare attività fisica. Anche qui si assiste quindi ad un momento di cambiamento, che attraverso il cibo può essere accolto in maniera costruttiva. Come? Trasformando il momento dei pasti in un momento di condivisione con i propri cari e di trasmissione di conoscenze. Un esempio possono essere le nonne con grandi abilità culinarie che preparano il pranzo per la famiglia, l’insegnamento delle ricette segrete ai propri nipoti, la condivisione di momenti a tavola assumendo in parte il ruolo di caregiver – inteso come colui che offre cura. Il cibo diventa quindi strumento di contatto, di integrazione e regolazione emotiva, un modo per coinvolgere i più anziani in attività appaganti e che possano farli sentire utili all’interno del nucleo familiare.

In conclusione, soffermarsi sulle diverse valenze che il cibo può assumere nel corso della vita, aiuta a comprendere meglio chi siamo e perché le nostre esigenze alimentari cambiano nel tempo. Ricordiamoci, infatti, che come esseri umani siamo portati al cambiamento, riconfigurando sempre nuovi modelli di connessione con noi stessi e con gli altri, che passano anche attraverso ciò che mangiamo e il significato che gli attribuiamo, cognizioni che non devono essere rimosse, ma rese consapevoli e valorizzate.

Dott.ssa Giulia Pelini
Psicologa

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